Inverno, freddo, poca luce naturale, eventuali malesseri fisici, crisi economica: tutti elementi che alimentano la solitudine e la sensazione di subire, eventi ed emozioni.
Si sta più al chiuso, e i pensieri disfunzionali rimbalzano sulle pareti moltiplicando la loro tossicità. Sembrano veri, credibili, oggettivi: di solito sono sbagliati, sabotanti, inutili al nostro benessere. In realtà impediscono qualsiasi crescita. Ci parlano di fallimento, di destino, di paure, di non valore. Ascoltarli sembra un atto inevitabile, forse anche autoprotettivo.
Invece è il momento di disobbedire! Spegniamo ogni radio che trasmette sfiducia. Silenzio.
L’impotenza è una certezza che distrugge, fa male. E dilaga, in questo periodo. L’onnipotenza è un’illusione, lo speculare e l’arrogante “tutto è possibile, basta volerlo” non aiuta.
Occorre però recuperare le redini del nostro cavallo. Sentire di poter riprendere un ruolo attivo in quello che ci succede è un dono. Senza, non si può essere felici.
Fermiamoci un momento, anzi, facciamo un passo indietro. Non è retrocedere, è poter avere una visuale più ampia e più completa del quadro.
Cerchiamo il nostro centro: lì risiede la sorgente dell’identità, oltre ogni pensiero, al di là di ogni condizionamento, paura, desiderio. Proprio in quel centro, c’è “il punto da cui emerge il futuro” (la definizione è di Otto Scharmer, fondatore del Presencing Institute).
Il nostro potere personale, la leadership interna, ci consente di essere come un direttore d’orchestra, senza il quale gli strumenti non possono armonizzarsi: come quando nella nostra assemblea di “io”, tutti strillano per farsi sentire, e noi reagiamo confusi e automatici in balia di incomprensibili forze (spesso percepite anche come vagamente ostili…).
Bisogna onorare il sentire: come sto?
Valutare quello che c’è, qui, ora: cosa voglio?
Agire con consapevolezza, ispirati dai nostri valori, è ben diverso dal farsi spingere dalla sorte, dagli altri, o dai nostri schemi ripetitivi che dettano legge. Il margine di scelta sembra piccolo a volte, eppure assumere la decisione consapevole e chiara di quel poco, di come essere e gestire se stessi e l’ambiente, alla lunga fa la differenza.
Ma la centratura, l’attenzione, la presenza, vanno allenate, esattamente come alleneremmo un muscolo debole, con la pratica e la costanza.
Siamo fatti a strati: la parte più antica è il cervello rettile (corpo), poi c’è quello mammifero(emozioni), infine il più recente, la neocorteccia (pensieri). Ora si parla di un quarto, il cervello delfino, che corrisponde ai lobi frontali: è il “muscolo” da allenare per evolvere ancora, individualmente e come specie.
Cominciamo ad ascoltarci con calma, gentili con noi stessi.